Sono andata a trovare Lucia a casa sua. E’ stato bello. Ma non ho foto da postare e condividere, e il nome è di fantasia. Nel degrado di periferie urbane di qualunque latitudine l’umano brilla sempre di luce insopprimibile, ma va circondato di molta cura e rispetto: non è un evento da esibire, è l’orma di Dio nel creato e ci si coglie il segno della sua gloria.
In ogni incontro “da anima ad anima”, nel dialogo personale o in aula con i miei studenti, si cresce tutti in umanità. Ma nella fatica e nella tenacia di vite capaci di sfidare la rassegnazione e la disperazione, "la bellezza" del volto di Dio sprizza fuori in modo sorprendente e sempre nuovo.Con Lucia ci siamo conosciute in una breve degenza ospedaliera, una casualità segnata dall’iniziativa di Dio. Lei e i suoi amici si muovono con leggerezza nei percorsi accidentati della burocrazia e anche dei piccoli quotidiani disguidi, ritardi, omissioni e anche ingiustizie con cui tutti dobbiamo confrontarci nelle nostre giornate, ma per le persone “svantaggiate” – per malattia, povertà, esclusione – anche l’aiuto dei servizi sociali deve fare i conti con tali meccanismi. Eppure Lucia e i suoi amici sono capaci di gustare le piccole e grandi gioie della vita: una cosa buona da mangiare, ma anche una canzone, una poesia, perfino una gita al mare (cosa apparentemente impossibile per una persona bloccata a letto, ma è successo), tutto ciò che è condiviso nell’amicizia. L’inventiva di un amico infermiere, appena smontato dal turno di notte in ospedale, ha portato Lucia di sorpresa perfino in Vaticano, per il pranzo del 19 novembre 2017 con papa Francesco.Il papa le piace, ma ha molte domande sulla religione: «Ci sono cose su Dio che non capisco, ci devo pensare». Parliamo di molte cose. E quando scopre qualcosa su Dio si illumina tutta: un ri-conoscere qualcosa che le appartiene, da sempre. Perché è sua figlia.
La parrocchia non è lontana, e il suono delle campane si è sentito forte. «Passando davanti alla chiesa – ho detto – sai cosa ho visto scritto (in latino)? “Riconosci, cristiano, la tua dignità”. E’ una frase famosa di Leone Magno». Le è piaciuta.L’unica finestra, con le inferriate – la baracca è tutta al pianterreno – è troppo in alto per poter vedere altro che un pezzetto di cielo. Per aprire la finestra occorre che qualcuno si arrampichi sul letto, lei non potrebbe farlo. «Mi dispiace che tu non veda mai fuori» – anche se non c’è molto da vedere, fra tanto cemento –, è come in un carcere». L’ho detto senza pensarci. Ha sorriso: «Forse non ti ricordi che in carcere ci sono stata [poi l’hanno rimborsata, per ingiusta detenzione, n. d. r.]: però la finestra era ad altezza d’uomo, vedevamo fuori, attraverso le sbarre. Ma ci sono carceri peggiori». Era un reparto per donne che avevano accettato di disintossicarsi mediante il metadone, e lei si occupava, allora, del bambino di un’altra detenuta, lo faceva giocare, perché la mamma stava più male di lei.
Mi ha parlato anche di un suo amico recentemente scomparso: insieme alla moglie andava a trovarla quando era in ospedale, anni fa, e l’ha sempre aiutata. Era un ex prete, con figli ormai grandi. Uscendo, mi sono ricordata delle ultime parole del curato di Bernanos: «Tutto è grazia».